Limitare l’infragilimento da idrogeno: applicazioni verso perdita zero
Tutti i processi produttivi legati all’idrogeno devono fare i conti con l’infragilimento e la tenuta delle strutture. Questo avviene per caratteristiche intrinseche della molecola dell’idrogeno e, nel lungo termine, incide sulle performance. Si stanno perciò sviluppando soluzioni per limitare al massimo l’usura e le perdite nei sistemi a idrogeno. Vediamo alcune applicazioni a cui abbiamo lavorato con i nostri partner.
Infragilimento e tenuta
Due sono le sfide principali che affrontano i sistemi produttivi che utilizzano l’idrogeno: l’infragilimento e la tenuta dei materiali nei quali il gas è contenuto, compresso e incanalato. Causa principale di entrambi i fenomeni è il fatto che la molecola di idrogeno è molto piccola.
L’infragilimento da idrogeno è un processo chimico-fisico che colpisce alcuni tipi di metallo, ne deteriora le proprietà e li rende, quindi, più fragili e meno duttili. Questo avviene perché le piccole molecole di idrogeno, quando vengono compresse, si insinuano nelle micro-crepe dei materiali e provocano un processo simile all’ossidazione, gonfiandosi e sfaldando il materiale.
Quando gli atomi di idrogeno si introducono in leghe come gli acciai ad alta resistenza, il metallo diventa fragile. Questo diminuisce le performance e può rendere necessario sostituire le parti più danneggiate.
Considerate le dimensioni delle molecole di idrogeno, è molto complicato anche trovare guarnizioni che ne garantiscano la tenuta perfetta, o “perdita zero”. Ad oggi non esistono tecnologie in grado di contenere ogni perdita di idrogeno, ma le applicazioni si stanno evolvendo per muoversi in questa direzione.
Gli standard tecnologici per trattare l’idrogeno
Per limitare il più possibile il fenomeno dell’infragilimento, il materiale più utilizzato per contenere l’idrogeno è l’acciaio inox 316, che rappresenta il miglior compromesso tra costi, durata e tenuta. Per le connessioni, secondo la nostra esperienza, la soluzione migliore è la tecnologia Cone and Thread (C+T) dove la tenuta non è affidata a guarnizioni, ma è una tenuta metallo/metallo, tra il cono femmina sul raccordo e il cono manschio sul tubo.
Le linee guida di Hydrogen Europe indicano che questa è la tecnologia ottimale per lavorare con l’idrogeno, appena al di sotto del fantomatico zero likage (cioè la perdita zero). Anche secondo la normativa ATEX, C+T è la tecnologia che garantisce le sezioni di perdita più piccole (si noti che anche ATEX dichiara che una perdita minima teorica con l’idrogeno è inevitabile).
In certi casi, si analizzano i materiali utilizzati per scartare le parti che presentano crepe prima che vengano utilizzati con idrogeno. La verifica avviene con i raggi X o con l’aiuto di liquidi penetranti, dato che a occhio nudo le fratture sono invisibili nella maggior parte dei casi. Il raccordo in foto ha lavorato per sette anni in idrogeno puro, con 35 pulsazioni al minuto a 100 bar. Mentre l’esterno risulta intatto, la superficie interna è oggettivamente danneggiata, anche a occhio nudo. Tuttavia, non c’erano perdite apprezzabili. Nonostante l’infragilimento interno, il raccordo garantiva la tenuta.
Esempi di applicazioni verso perdita zero
Tutti i fornitori di componenti per il mercato idrogeno stanno lavorando a soluzioni che tendono alla perdita zero negli impianti. Con il supporto dei nostri partner abbiamo realizzato, negli ultimi anni, alcune applicazioni che si sono rivelate molto valide nel garantire la tenuta e contrastare l’infragilimento.
Bombola a idrogeno per auto
Nel 2017, in collaborazione con un laboratorio, abbiamo realizzato dei test fatica su un prototipo di bombola contenente idrogeno gassoso in pressione, per automotive. Calcolando 300km di autonomia con un pieno, abbiamo ipotizzato come vita della bombola 1.000 ricariche complete. Per il test abbiamo fatto circa 4.000 ricariche e, non essendo arrivata a rottura, al termine è stata tagliata per essere analizzata internamente. A quel punto, la certificazione a 1.000 ricariche è arrivata senza problemi.
Oggi la tecnologia delle bombole si sta spostando sui materiali plastici, che non sono soggetti a infragilimento. Proprio in questi mesi stiamo lavorando a un progetto di prossima attivazione.
Test di trazione in idrogeno
Lo stesso impianto del caso precedente lavora con delle macchine a trazione. Ci è stato richiesto un test di trazione di un pezzo di metallo, prima in aria e poi in idrogeno a pressioni prossime ai 1.000 bar, per verificare il comportamento dell’idrogeno quando il materiale veniva portato ad allungamento, snervamento e rottura.
Condotte di trasporto per l’idrogeno
Come avviene ora per il metano, anche l’idrogeno sarà trasportato tramite condotte, che richiedono dei test fatica per verificarne la tenuta.
Nel caso dell’idrogeno, il meccanismo è il seguente: il gas, prodotto tramite elettrolisi, viene pompato e ripompato a intervalli regolari con una stazione di rilancio, perché la pressione iniziale è troppo bassa per arrivare a destinazione. Questo, di conseguenza, provoca delle fluttuazioni di pressione nella tubatura. In questo caso, insieme ad una importante realtà del settore, stiamo operando dei test di fluttuazione su un segmento di tubo per simulare anni di lavoro in pochi mesi.
Altre applicazioni della tenuta tramite filettatura
Il fatto che la tenuta con C+T sia la soluzione migliore in un sistema a idrogeno implica che la filettatura garantisce tenuta anche in altri contesti, dato che può lavorare con molecole molto piccole.
Abbiamo portato questo esempio durante una formazione in ENI, anche se opera con gas naturali e non con idrogeno, per far capire ai tecnici che quel componente poteva garantire anche nelle loro casistiche performance elevate.
In attesa di raggiungere, con lo sviluppo delle tecnologie, la tanto desiderata perdita zero anche negli impianti a idrogeno.